Non hanno un utilizzo culinario tipico nella cucina italiana e vengono per lo più utilizzati come spuntino “alternativo” (ad esempio nella dieta chetogenica) o per arricchire insalate crude e tipi di pane “rustico” – come quello ai cereali. Alcuni li aggiungono negli arrosti in forno.
Dai semi di girasole si estrae un olio alimentare detto olio di girasole o olio di semi di girasole. Meno pregiato dell’extravergine di oliva, è tuttavia decisamente economico e, nel complesso, la relativa produzione ha una discreta ecosostenibilità.
Inizialmente considerato una scadente alternativa dei migliori oli per la frittura, grazie alla selezione genetica, oggi alcune tipologie disponibili sul mercato godono di proprietà chimico-fisiche superiori rispetto al passato – soprattutto un punto di fumo maggiore.
Cenni botanici dei semi di girasole
Nel linguaggio comune, il termine “semi di girasole” si riferisce ai frutti dell’omonima pianta (nome botanico Helianthus annus, fam. Composite o Asteraceae). Più precisamente, si tratta di acheni, frutti secchi indeiscenti contenenti un singolo seme (che non liberano a maturazione, da cui “indeiscenti”) adesso in un solo punto al pericarpo più o meno indurito (crostaceo nel caso dei semi di girasole).
Descrizione dei semi di girasole
Anche quello che normalmente chiamiamo fiore di girasole è in realtà un’infiorescenza, costituita da un insieme di fiori riuniti secondo uno schema definito: gialli all’esterno e in genere nero-grigi all’interno. Ogni infiorescenza – o più correttamente capolino – può contenere anche più di 1000 frutti, disposti in spirali iperboliche concentriche; il relativo pericarpo – l’involucro esterno del frutto – duro e indigeribile, racchiude una mandorla di grande interesse industriale ed alimentare – chiamata impropriamente seme.
Testo da https://www.my-personaltrainer.it/nutrizione/semi-girasole.html
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